Ormai in Israele lo chiamano “Bibi-show”. Ogni sera il primo ministro “uscente” Bibi Netanyahu entra nelle case degli israeliani per informare, ammonire, motivare la nazione nella lotta al coronavirus. Solo una persona, qualche giorno fa, aveva oscurato il primo ministro. Era stato Naftali Bennett, il ministro della difesa. Aveva conquistato gli schermi televisivi, mettendo da parte i medici, per spiegare alla nazione la strategia nella battaglia in corso. “Isolare gli anziani” la prima parola d’ordine, perché la categoria più fragile davanti al coronavirus. “Far crescere, grazie ai più giovani, l’immunità nella popolazione”, questo l’altro pilastro della difesa dal coronavirus.
E’ la riproposizione in ambito mediorientale di quella immunità di “gregge” che il primo ministro inglese Boris Johnson ha avuto solo il tempo di enunciare, prima di essere travolto dal dilagare dei contagi. Sulle rive del Tamigi si è corso a prendere quei provvedimenti “all’italiana” che si volevano evitare, per non danneggiare l’economia e la finanza inglese. All’interno dei territori mediorientali che lambiscono il fiume Giordano non si è ancora giunti a fermare il motore produttivo della nazione, ma l’immagine delle città è quella a cui siamo abituati in Italia: strade deserte, negozi chiusi, studenti ed insegnanti a casa. I contagi tuttavia crescono: ieri in Israele si è giunti a contare 2666 contagiati e 8 morti. Decine di migliaia le persone in quarantena.
Un centinaio sono i contagiati tra i palestinesi. Soprattutto, occhi puntati su Gaza, dove i contagi sono pochi e finora un morto, ma il timore di una esplosione di malati in una terra senza strutture sanitarie non è solo dei palestinesi, ma anche della comunità internazionale. Non è un caso che l’Unione europea abbia già versato il suo contributo annuale di 82 milioni di dollari all’Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite che assiste i profughi palestinesi, e quindi Gaza in primo luogo.
Tuttavia, non cambierà il protagonista del “Bibi-show”. Il primo ministro Netanyahu non verrà sostituito nel suo ruolo di protagonista. Ormai sembra quasi certo: a tre settimane dalle elezioni politiche, ieri il capo dell’opposizione e primo ministro “incaricato”, Benny Gantz, ha ripiegato (per il momento) per l’incarico di “speaker” della Knesset, cioè il presidente del Parlamento. In cambio avrebbe ottenuto i posti chiave di esteri, difesa e giustizia nel prossimo governo, sempre guidato da Netanyahu, e l’impegno di Bibi a cedere il suo incarico di primo ministro, tra 18 mesi, al suo avversario di ieri, cioè Gantz. Potrebbe esserci anche una ulteriore variazione in questo complicato scenario. Il neo presidente del Parlamento, eletto ieri pomeriggio anche con i voti della destra, potrebbe lasciare a giorni il suo nuovo incarico per divenire il vice premier del nuovo governo israeliano.
Il Premier “uscente” e quasi certamente “entrante” Netanyahu può considerarsi soddisfatto, considerando la sua impossibilità a raggiungere la maggioranza in Parlamento con i soli voti del centrodestra. E’ riuscito, invece, a bloccare le nuove proposte di legge contro i politici rinviati a giudizio (è il suo caso); a tenere fuori dalla porta del governo i partiti che rappresentano gli arabo-israeliani; ad ottenere il rinvio del suo processo per corruzione, complice anche la crisi del coronavirus.
E’ invece Gantz a pagare un prezzo molto alto, soprattutto all’interno del suo partito. Due dei leader che hanno condiviso con Gantz la costituzione del partito “Blu Bianco” si sono dissociati dall’operazione politica concordata con Netanyahu. Yair Lapid ha minacciato la scissione della sua componente e anche l’ex generale Ya’alon sembra sul punto di assumere questa decisione. Certamente Gantz cercherà di fermare l’emorragia dal partito, promettendo posti di governo. Non è detto che vi riesca. Il desiderio, espresso da una parte importante degli israeliani, di cambiamento della classe politica sembra bloccato, ancora una volta, da un sistema di potere che fagocita l’avversario. Ne sono stati già vittima i laburisti, di fronte a Sharon, Olmert, Netanyahu. Adesso sembra essere il turno di Benny Gantz.
L’articolo è stato pubblicato oggi sul Sussidiario.net