Il sorriso di Mangiaracina

Andrea Mangiaracina è il mio vicino di casa. Più esattamente: io sono diventato il suo vicino di casa, quando ho lasciato la Rai e da Roma mi sono trasferito in Sicilia.
La sua età è indefinita. Probabilmente ha più di ottanta anni. O forse meno, perché chi lavora nei campi o ha lavorato sin da bambino invecchia più velocemente.
Ho conosciuto anche sua moglie, la signora Vitina. Era una sera di luglio del 2010. Attraversarono la strada e vennero insieme a mangiarsi una granita all’anguria, sul terrazzo della nostra nuova casa. Dopo qualche mese la moglie è morta.
Da allora lo zù Andrea è rimasto solo. Le figlie avevano già lasciato la grande casa anni prima. Loro vivono nello stesso paese, ma nella grande casa che guarda la mia casa ora c’è solo lui. Non vuole lasciarla, nonostante la richiesta delle figlie ad andare a vivere con loro. Figlie che non fanno mancare comunque la loro quotidiana presenza.
Non ho mai parlato con lo zù Andrea. Entrambi avremmo voluto diversamente. Invece, un ictus gli ha tolto la possibilità di parlare, non quella fortunatamente di comprendere. Né quella di sorridere. Già, perché questa è la vera caratteristica dello zù Andrea. Lui riesce a sorridere, nonostante tutto. In quasi dieci anni lo ha sempre fatto, ogni giorno che ha vissuto, ogni giorno che ci incontriamo in strada o ci salutiamo, lui dal balcone io dalla terrazza.
Lui mi sorride, sempre. Aggiunge anche l’unica espressione che riesce ad articolare “Come va?”. Nulla di più, nulla mai di diverso. Tu rispondi e lui annuisce, Segno che comprende. Poi allarga un altro sorriso. Vero e consapevole.
In questi quasi dieci anni mi sono chiesto, tante volte, come faccia a sorridere nonostante la sua malattia. Dove possa trovare la forza d’animo per sorridere.
Perchè non è mai arrabbiato, o almeno perché non si mostra mai arrabbiato con la sua infermità. Non ho mai saputo rispondere a queste domande. Il suo sorriso e i suoi pensieri in questi anni sono rimasti per me un mistero.
Negli ultimi tre giorni non ho visto lo zù Andrea. Le persiane della casa aperte, ma lui mai in balcone. Ho pensato a un raffreddore, che lo teneva bloccato a casa. Ho pensato a qualcosa di più grave. Ho temuto la sua morte. Come sarebbe stata la strada senza il suo misterioso sorriso? E anche la mia vita?
Stamane, invece un sospiro di sollievo. Era lì sul ciglio di casa, su una sedia a godersi i raggi di sole, di un mattino d’inverno altrimenti freddo. Ci siamo salutati, Gli ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa ed ha scosso la testa. Io ho detto che era una bella giornata. Lui mi ha indicato il sole. Poi si voltato e con le spalle al sole mi ha fatto vedere che i suoi raggi, infilandosi tra i tetti delle case, raggiungevano anche la sua casa. Era bello a vedersi e lui ne godeva. Così, per la prima volta, ho intuito che l’origine del suo sorriso era anche la sua semplicità d’animo, che lo aveva reso forte come una roccia.
Ho attraversato la strada. Sono tornato a casa. Ho deciso che il primo pezzo su questo blog sarebbe stata la sua storia.

9 commenti su “Il sorriso di Mangiaracina”

  1. È un esempio, per tutti noi… la verità vera è semplice e si contatta col cuore, nella presenza a ciò che è, istante dopo istante… tutto il resto non è che illusione

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  2. Che bella storia! spero resti dentro me, e che possa chiedermi ogni mattino: Come va? e sorridere… Grazie per avercela raccontata

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