E’ venuto il tempo di fare i conti con la tristezza del vivere quotidiano, a Gerusalemme. Non quella, però, che toglie forza all’uomo, sia questo padre o fratello, o alla donna, sia essa madre o sorella. La tristezza di questi giorni è come un velo squarciato, attraverso il quale si vede la dura realtà del vivere quotidiano. E’ uno sguardo carico di pena e di rabbia. Uno sguardo che può essere anche il nostro, di chi guarda Gerusalemme a distanza.
Ieri era il corteo funebre di Shireen Abu Aqleh, la giornalista, ad essere fermato e aggredito nelle strade di Gerusalemme, dopo che il suo corpo vivo era stato ucciso nella città di Jenin. Oggi è il corteo funebre di Walid al-Sharif, ragazzo di 21 anni, a giungere vittorioso sulla Spianata delle Moschee, dove un mese fa il suo corpo era stato portato via in fin di vita.
Nessuno, nei palazzi del Potere, ha chiesto per Walid una autopsia “congiunta”. Troppo poco importante agli occhi dei governanti israeliani. Eppure anche Walid ha avuto il suo corteo, anzi, lui è giunto fin sulla Spianata, nonostante le bastonate dei poliziotti e altri feriti.
Non si può raccontare, ovvero occultare per l’ennesima volta la realtà a Gerusalemme e fuori le sue mura, parlando genericamente di “scontri”. Come alcuni giornalisti hanno fatto, rimanendo finalmente isolati dall’opinione pubblica.
Per questo non si può dimenticare quello che è accaduto a Gerusalemme, quando si prende in mano un libro, che porta nel titolo solo il suo nome: “Gerusalemme”.
Eric Salerno compie un lungo cammino, ma avanzare insieme a lui nella storia e nelle strade di Gerusalemme significa gustare un’aria severa e sincera. Le pietre bianche di Gerusalemme, che lui descrive, diventano presto parole altrettanto pesanti, ma anche lievi nella loro forza liberatoria. L’occupazione israeliana viene chiamata con il suo vero nome “occupazione”. La storia percorsa in questi ultimi decenni incastonata da frasi semplici, che fanno da corrimano al nostro cammino. “Ossia: Gerusalemme deve restare indivisa, la sua popolazione palestinese non deve crescere demograficamente e deve rassegnarsi e accettare la cittadinanza-supremazia israeliana.”
Sono affermazioni ripetute e mai lasciate alla debolezza della retorica o della superficialità. Si intrecciano con i fatti della storia archeologica, demografica, urbanistica di Gerusalemme. Più volte Eric Salerno fa riferimento alla religione, anzi alle religioni che nella città catturano il cuore, la mente e la memoria di chi qui vive o vorrebbe venire sia pure per attraversare le sue strade e poi ripartire. In qualche occasione il narratore sembra attribuire al fanatismo religioso la causa prima della sofferenza che colpisce in profondità la città. In verità, non arriva a fare di questo giudizio la chiave esaustiva dei problemi. Le cause dell’odio, infatti, sono molte. Il fanatismo religioso, forse, sarebbe rimasto in un ambito ristretto, fisiologico, se a Gerusalemme non si fosse incarnato anche nella recente storia di “ingordigia e Occupazione”. Vengono definite così le ragioni che hanno mosso i comportamenti dei politici israeliani. Non solo loro, ma anche la corte umana compiacente, composta da archeologi, architetti ed ovviamente burocrati. Ci fa conoscere le eccezioni e condividere la loro sconfitta.
Per questo la lunga storia di Gerusalemme, a partire dal 1967, cioè dalla vittoria israeliana nella Guerra dei sei giorni, si è sviluppata in un nuovo “cantiere”. Il racconto è dettagliato, va seguito passo dopo passo. Si possono cogliere differenze tra i diversi protagonisti, dallo storico sindaco Teddy Kollek al generale e primo ministro Ariel Sharon. Quest’ultimo compra casa nel quartiere arabo di Gerusalemme per affermare il diritto per gli ebrei ad espandersi dove vogliono, l’altro costruisce interi quartieri per ebrei a ridosso delle zone palestinesi, ma non all’interno della Città Vecchia per non far esplodere le tensioni. In ogni caso, l’obiettivo è la crescita della componente ebraica (a discapito) di quella palestinese di Gerusalemme est, che mai dovrà più chiedere la sua contiguità con le altre zone palestinesi.
Innumerevoli gli episodi raccontati di questa vera guerra, prolungata nel tempo, per togliere diritti e futuro alla parte arabo palestinese della popolazione della città. Si giunge ad una delle punte più alte di cinismo, nella trasformazione della piazza antistante la Porta di Damasco in un quasi check point. In una seconda edizione del libro si potrebbe inserire una fotografia più recente: documenta la Porta di Damasco schiacciata tra strutture di cemento ad uso della polizia israeliana, per la propria sicurezza, i controlli, gli arresti ed i primi interrogatori. Un orrore architettonico che colpisce la parte araba della città, mentre in altre parti si consumano altre oscenità urbanistiche. Le venti nuove “torri” che si stanno costruendo nella zona finanziaria insieme ai grattacieli costruiti nel cuore della parte ebraica, fuori dalle antiche mura, sono come un drago che divora se stesso, spinto dall’ingordigia speculativa.
Quando si legge l’ultima pagina del libro rimane la comprensione della sofferenza a Gerusalemme, cresciuta mentre si passava sulle aspirazioni di una parte della sua popolazione. C’è anche in mente il gusto di un racconto vero. Eric Salerno, un ebreo, un laico, ha dato una lezione di libertà intellettuale, proprio parlando di Gerusalemme. Possa essere di ammonimento per quei pavidi intellettuali che pensano più alle loro, piccole o grandi carriere, e per questo inseguono solo il proprio quieto vivere.