Per Franco Marini, che aveva scoperto tardi il mare

Nel giorno dei funerali di Franco Marini, a Roma, io mi trovo lontano da questa città. Altrimenti, sarei andato anch’io davanti alla Chiesa di San Bellarmino per testimoniare il mio saluto e il mio personale grazie.

Ho letto, all’indomani della sua morte, una frase presente in una sua intervista. Marini, nato in un piccolo paese in provincia dell’Aquila, racconta di aver visto la prima volta il mare durante una gita dell’Azione Cattolica a Silvi Marina. La sua vita non è stata, dunque, molto diversa da quella che vivono i ragazzi all’estrema periferia di Buenos Aires. Qui i bambini crescono, ancor oggi, senza vedere il mare. Lo scoprono, come mi ha raccontato un amico italiano che vive nella parrocchia di Sant’Antonio nella  Villa Miseria  di Carcova, solo quando riescono a partecipare al campeggio estivo che la parrocchia organizza al mare.

Mi è accaduto di incontrare Marini in un altro periodo della sua vita,  quando la sproporzione tra la mia persona e la sua mi appariva, al contrario,  assai forte. Era l’anno 1978, quando io ero un giovane  giornalista di  appena 24 anni, alla sua  prima esperienza in un settimanale cattolico, e lui sindacalista  della Cisl già affermato, “democristiano” per appartenenza ideale e politica, uomo in minoranza, ma comunque in lotta per la guida della Cisl, che l’anno dopo vedrà Pierre Carniti arrivare alla sua guida.

Dal 1978 al 1989 le nostre strade sono state parallele, sfiorandosi personalmente di tanto in tanto. Io mi occupavo delle vicende economiche sindacali, lui cresceva nell’importanza e nell’autorevolezza all’interno della Cisl. Erano anni di grandi battaglie sindacali.  Basti pensare alla vicenda Fiat o quella Italsider. Sono gli anni della battaglia contro, o a favore, della sterilizzazione della  scala mobile. Sono anche  gli anni del tentativo di reclutare terroristi all’interno dei sindacati ed insieme quelli in cui si colpiscono esponenti vicini ai sindacati, anche della Cisl: come l’economista Ezio Tarantelli, ucciso a Roma nel 1985 dalle Brigate Rosse.

In quegli anni Marini cresce di statura sindacale, avendo nell’organizzazione delle strutture Cisl e nella sua diffusione nel Pubblico impiego le  gambe del suo impegno.

Salva – lavorando con Carniti – l’unità della Cisl, divisa tra l’appartenenza cattolica democristiana e quella cattolica di sinistra.  Costruisce intanto la sua  leadership, lavorando per accrescere il reclutamento  di nuovi iscritti e ampliando il sostegno di  quadri e dirigenti alla sua linea sindacale.  Si circonda di alcuni amici, pochi, che rappresentano per me ed i colleghi giornalisti un tramite all’insegna della correttezza, lontano da ogni livore nei confronti della maggioranza sindacale di Carniti.

Nasce così in me l’idea di un libro intervista a Marini, che non vedrà purtroppo la sua realizzazione, ma che ha una premessa importante: alcune pagine scritte da me che arrivano anche nelle sue mani. Sono una riflessione sul cattolicesimo democratico e sul sindacalismo cattolico in Italia, che forse lasciano un segno nel bimbo che vide tardi il mare.

Solo questo comune andare al cuore del nostro vivere e del nostro agire, che  in quelle pagine mi sforzavo di delineare, può spiegare, io credo, le ragioni di una  telefonata che  mi giunse nell’estate del 1987.

Un suo collaboratore ed amico, che  conoscevo bene per la correttezza, mi chiese, quasi con tenerezza, se  ero interessato a lavorare nel nuovo telegiornale della Rai, che stava per nascere in quell’estate, il Tg3. Mi spiegò: “Biagione”, cioè Biagio Agnes, il Direttore generale della Rai, ha chiesto ai leader sindacali (non solo a Marini), di proporre dei nomi di giovani giornalisti da inserire nel nuovo telegiornale. Marini ha pensato a te ed io sono d’accordo. Non so se andò veramente così o se Marini fu solo d’accordo. In ogni caso  lo stupore fu ed è ancora grande: non una persona a lui vicina nel lavoro o negli affetti veniva indicata, bensì un giornalista ormai trentenne che aveva fatto il suo lavoro, rimanendo sempre stupito di quanto fossero importanti quelle  pagine economiche sindacali (per altri noiose) dove si scriveva di salari e pensioni, cioè il pane quotidiano di  milioni di famiglie.

Accettai la  proposta che  mi arrivava da Marini ed il mio nome venne indicato a Biagione. Dopo la mia assunzione  in Rai, nulla in seguito mi fu chiesto.

Neppure in seguito, quando lasciai la redazione economica sindacale del Tg3, per iniziare la mia  avventura di inviato per la redazione esteri.

Erano le prove che quello di Marini  era stato un gesto di gratuità e di rispetto per la  mia  persona. Forse la cordiale amicizia tra coloro che cercavano di aiutare tutti i bimbi a scoprire il mare.

Grazie.

 

 

Lascia un commento