Il Natale, la voce della Chiesa e questa notte a Betlemme…

Sua Beatitudine Pierbattista Pizzaballa si è soffermato anche sulla situazione in Palestina:
“Che dire di questo Paese, sempre in attesa di un futuro di pace che sembra non arrivare mai? La voce del dolore di questo popolo è davvero un grido assordante. Un popolo che ha bisogno di fare esperienza di giustizia, che vuole conoscere la libertà, che è stanco di attendere che gli sia concesso di abitare liberamente e con dignità nella propria terra e nella propria casa, che non vuole vivere solo di permessi, in questo momento necessari per entrare, uscire, lavorare o altro, necessari per vivere. Non di concessioni c’è bisogno, ma di diritti, e di porre fine ad anni di occupazione e di violenze, con tutte le loro drammatiche conseguenze sulla vita di ciascuno e della comunità in generale, creando relazioni nuove in cui regni non la diffidenza ma la fiducia reciproca.”
Stamani, ho letto queste parole sul sito “Vatican news” e sono rimasto proprio sorpreso. Il Patriarca Pizzaballa, bergamasco di nascita, francescano per scelta di vita e figlio di Gerusalemme per adozione, ormai da anni, quotidianamente, usa altre argomentazioni nei suoi discorsi, nei suoi appelli ed anche nelle sue omelie in chiesa. Insomma, come si sul dire, usa un altro linguaggio quando si rivolge al mondo, ma in quel mondo ci sono anche i suoi “parrocchiani” in stragrande maggioranza arabi palestinesi e giordani.

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La notte in cui ci ritrovammo in guerra

Sono trascorsi trenta anni da quella notte tra il 16 e il 17 gennaio del 1991. Alle due e trentotto minuti del 17 gennaio i caccia bombardieri statunitensi, inglesi, ma anche italiani cominciarono a colpire. In quella prima notte, gli obiettivi erano innanzitutto  l’esercito iracheno, in Iraq e nel Kuwait occupato dall’esercito di Saddam Hussein.

Sembrano trascorsi molti più anni di quelli che  conteggiamo. Quella guerra, la Prima

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